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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), II, 30
 
originale
 
[30] Sed hanc cunctationem sequens adulescentis sermo distinxit; nam rursus altius ingemescens: "Dabo," inquit "dabo vobis intemeratae veritatis documenta perlucida et quod prorsus alius nemo cognoverit indicabo." Tunc digito me demonstrans: "Nam cum corporis mei custos hic sagacissimus exsertam mihi teneret vigiliam, cantatrices anus exuviis meis inminentes atque ob id reformatae frustra saepius cum industriam eius fallere nequivissent, postremum iniecta somni nebula eoque in profundam quietem sepulto me nomine ciere non prius desierunt quam dum hebetes artus et membra frigida pigris conatibus ad artis magicae nituntur obsequia. hic utpote vivus quidem sed tantum sopore mortuus, quod eodem mecum vocabulo nuncupatur, ad suum nomen ignarus exsurgit, et in inanimis umbrae modum ultroneus gradiens, quamquam foribus cubiculi diligenter obclusis, per quoddam foramen prosectis naso prius ac mox auribus vicariam pro me lanienam sustinuit. Utque fallaciae reliqua convenirent, ceram in modum prosectarum formatam aurium ei adplicant examussim nasoque ipsius similem comparant. Et nunc adsistit miser hic praemium non industriae sed debilitationis consecutus." His dictis perterritus temptare formam adgredior. Iniecta manu nasum prehendo: sequitur; aures pertracto: deruunt. Ac dum directis digitis et detortis nutibus praesentium denotor, dum risus ebullit, inter pedes circumstantium frigido sudore defluens evado. Nec postea debilis ac sic ridiculus Lari me patrio reddere potui, sed capillis hinc inde laterum deiectis aurium vulnera celavi, nasi vero dedecus linteolo isto pressim adglutinato decenter obtexi."
 
traduzione
 
Ma quello che il giovane disse subito dopo tronc? ogni incertezza. Cos?, infatti, fra gemiti sempre pi? alti riprese: ?Vi dar?, s?, vi dar? le prove inconfutabili che questa ? la verit?, vi riveler? cose che nessuno all'infuori di me pu? sapere? e indicando me alla folla, ?mentre costui faceva una guardia scrupolosissima al mio corpo, le streghe in agguato sulle mie spoglie, invano presero pi? volte aspetti diversi. Non riuscendo a trarlo in inganno per la sua straordinaria diligenza, alla fine, lo avvolsero in una nuvola di sonno e lo fecero piombare in un profondo letargo; poi cominciarono a chiamarmi per nome, finch? le mie giunture inerti e le mie gelide membra fra continui tentativi non sentissero i richiami della magia. Costui per? che ha il mio medesimo nome, vivo com'era, morto infatti soltanto di sonno, sentendosi chiamare si lev? in piedi, senza riprendere coscienza, e si avvi? come un fantasma verso la porta della stanza. Questa era chiusa a dovere, ma le streghe, si vede, attraverso qualche fessura, riuscirono egualmente a tagliargli prima il naso, poi le orecchie. Cos? la mutilazione l'ha subita lui al posto mio. Inoltre perch? di quella diavoleria non restasse traccia, con della cera hanno plasmato due orecchie e glie l'hanno applicate al posto di quelle tagliate, la stessa cosa hanno fatto col naso: perfetto, identico al suo. Guardatelo l? quel disgraziato: ha fatto un bell'affare con tutto il suo zelo: quel po' po' di mutilazione!? A quelle parole, spaventatissimo, cominciai a tastarmi: mi presi il naso e quello mi rest? in mano, mi toccai le orecchie e mi si staccarono. La gente cominciava a guardare nella mia direzione, a indicarmi a dito, finch? non scoppi? una risata generale ed io, sudando freddo, riuscii a battermela sgusciando tra la folla. Cos? conciato e ridicolo non ebbi nemmeno il coraggio di tornare a casa mia; per nascondere le cicatrici delle orecchie mi sono spartiti i capelli lasciandoli cadere ai due lati, e con questa benda legata stretta cerco di nascondere nel modo pi? conveniente il ribrezzo del mio naso.
 

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